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Antologia XIV Caffè Poetel

Stanza "Walt Whitman" (24 Gennaio 1996)


Possibile perpetuare

Stagioni di tempo
levigano arrossate nubi di vento
pregne di furioso magma vitale.

Stagioni di tempo
si instillano nelle sottili aride vene
delle scogliere di spazi affacciati su mari futuri.

Stagioni di tempo
migrano di mente in mente
tramutando all'estremo limite pensieri in sogni.

Stagioni di tempo
perpetuano possibili eternità
cibandosi dei venti della vita
e sui sogni divenuti miti
mutano le leggi della metamorfosi.

Stagioni di tempo
incatenano ai limiti di orizzonti visibili
spazi auto riproducenti
dischiudendone gli occhi della storia ai miti del passato.

Stagioni di tempo
cieche a bisogni e a potenziali futuri spazi
dissipano energie nella creazione del caso.

Stagioni di tempo
implementano l'anarchia del possibile e del nulla
in forme sublimi di inutilità
finalizzate alla disgregazione della creazione.

Stagioni di tempo
qui e ora
mai e in nessun dove
guidano - non viventi - essenze vitali
all'esplosione di forme di possibilità.

Ma.Marino@agora.stm.it
Indice autori

Senza titolo (dedicata a Lei)

Parole mute
si affacciano sul balcone,
vicina la strada
lontano l'orizzonte.

A.Oliva@agora.stm.it
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Insonni

Quando incontrerò finalmente
il musicista che vive pellegrinando
nel deserto della mia coscienza
quel tipo che mi sveglia di notte
con la sua chitarra scordata
gli dirò che non voglio più ascoltare
ballate cigolanti
quando gli umori dei fiori
quando gli umori dei fiori
progettano
i loro frutti
quando i nostri sogni di amanti clandestini
si nascondono sotto le coperte
io lo pregherò di interrompere
i suoi esercizi da dilettante
io non sono la sua metropolitana affollata
e non farò singhiozzare una moneta
nel suo bicchiere vuoto.

F.Fini@agora.stm.it

Sapevo

Sapevo che saresti venuta.
Così non ho sofferto lunghi anni
ferendomi nell'ansia di scoprirti.

Sapevo che saresti venuta
fondendo memoria e desiderio
e avremmo condiviso il nuovo sole.

Sapevo che saresti venuta.
E infatti non ti ho cercato.
Non ho immaginato i nostri corpi confondersi.
Non ho sognato i tuoi occhi,
il tuo collo, il tuo seno.
Fuoco, luce, lampi sulla collina.
Nei tuoi capelli e nella notte non avevo paura,
non avevamo paura.
Ho toccato le tue mani e non ho avuto freddo,
ho sfiorato le tue labbra e non ho avuto sete,
sapevo che saresti andata via.
In fondo rimanendo
e l'onda avrebbe lambito ancora i nostri sensi
lasciando alla risacca il tuo sapore.

Sapevo che saresti andata via.
senza voltarti indietro.
Sapevo che saresti andata via.
per essere mia per sempre.

23 gennaio 1990

G.Carotenuto@agora.stm.it
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Schiena d'argento

Volgevo il mio viso altrove,
ma ero accecato
dalla sua schiena d'argento.

Sentivo i suoi occhi
nella mia anima
viaggiare nella mia anima,
ma giaceva una carezza
in fondo al cuore,
rilucendo una promessa,
regalo delle nuvole,
promessa della terra.

Continuo, da allora,
a volare,
a volare alto nel cielo,
un cielo dorato,
come i suoi capelli.

F.Baiani@agora.stm.it

Mattine

In quelle mattine nebbiose durante le quali
l'unico modo per vedere e capire qualcosa
sia quello di avvicinarvisi... beh...
pensavo che questa è una notte...
e non è molto Chiara e amichevole
grandina e forte ed il ghiaccio è duro
ovunque mi sposti vengo sempre colpito.
Non riesco ad immaginare come sarà
il mattino che mi aspetta.

M.Rollandi@agora.stm.it
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Tra stranieri

Ho attraversato il mondo, per amarti
E tu non hai voluto. Destino.
T'ho chiamata, ma la voce
Dai miei denti è uscita morta, e tu
Sapevi ogni segreto della vita, l'hai tenuto
Stretto alle tue labbra, altrove
L'hai lasciato sulla lingua a un altro
Per dimenticare la mia puzza. Odore
Di pianto tra stranieri m'è rimasto.

G.Vitale@agora.stm.it
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New York

Sembrava dovesse essere un venerdì come un altro
la media degli infarti si manteneva stabile
gli impiegati sudavano nelle camicie sintetiche,
come al solito la coca-cola ci rassicurava della sua onnipotenza gorgogliando
dagli stomaci rigonfi.
Marilyn passeggiava ancora, instancabile,
sopra la bocca d'aria della metropolitana
l'aria era sempre la stessa
piena dei vapori d'alcool del fine settimana.
Sembrava un venerdì come un altro,
ma non fu proprio così.
La videro tutti e io lo ricordo come fosse ieri
la statua si sfilò la corona dalla testa
con un gesto addirittura sprezzante.
La fiaccola di bronzo,
gettata via senza troppa cura,
s'infranse in una girandola di fiori verdeazzurri.
Quindi si sciolse la tunica, lentamente
al ritmo caldo di un sassofono
giù nel ventre metallico di Harlem.
Un sudario di nebbia avvolse
la città spaventata.
La videro tutti,
quando si tuffò, nuda come un angelo,
in un mare d'argento bruciato.

Sembrava un venerdì come un altro.

F.Fini@agora.stm.it
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Cielo

Cielo incolore
sbiadito dalle lacrime
stelle indifferenti
baciate dalle nuvole.

Amore amati occhi
azzurri come il mare
appassito all'improvviso
come una rosa al sole.

Dolce nera chiave
d'un impossibile destino
giacque nell'oblio
di un pensiero mai nato.

F.Baiani@agora.stm.it