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Antologia V Caffè Poetel

Stanza "Giuseppe Ungaretti" (12 ottobre 1994)


senza titolo

Gente che soffre,
un mondo insieme,
una colonna di luce
che si eleva al cielo.
L'aria frizzante,
arancio il sole del meriggio,
assapora la stanchezza del giorno.
Tutto tace in un sospiro dimezzato;
dalla collina si vede,
s'accendono le stelle nella terra,
il crepuscolo incombe,
silenzioso avanza come il tempo,
gettando nel buio le promesse.

F.Baiani@agora.stm.it

senza titolo

E stretto nel gelo,
il mio corpo si fece sabbia.
E sciolto nel mare,
la mia anima si fece notte.

M.Bergamini@agora.stm.it

senza titolo

Mentre le parole,
travisate dal senso,
mute ascoltano,
la luce riflette
una squallida primavera
di un aspro dolciastro sapore.
Nostalgia e rimpianto.
Sassi lanciati nel freddo,
specchi rotti dall'orrore,
voli disgustosi, felici,
finestre chiuse e cortili polverosi,
passeggiate negate.
Odioso splendore
di un pomeriggio
di verde illuminato.

R.Gandolfi@agora.stm.it

senza titolo

Non dico tutto
e neppure abbastanza
Capisci che capisci,
ma non quel che penso.
Non sbaglio io,
non sbagli tu:
il canale che unisce
i nostri due cuori
al meglio è scadente
e meglio non c'è.

E.Somma@agora.stm.it

senza titolo

Quella giovinezza laggiù al sole
un dòlo in difetto di persistenza
impraticabile per soli movimenti crociati
E trovavi chi ne coglieva a bravare, a smisurare
svitando sillabe da far piangere i sassi.
E in quella matassa era troppo anche per te
girare tra la gente come un arcolaio
una domenica mattina di Leida o Calcutta
un accidente tra pensiero e proposito
che abbagliava d'un'orma molle
ti prendeva e distendeva lungo l'argine.

E.Monier@agora.stm.it

senza titolo

Morirai, morirai
Cresciuto nell'odio
ho trovato una solida roccia
Ritorno nell'odio...
Non si può vivere in un'isola di vetro
Non si può vivere sul campo dell'inferno
A tutto questo
devo tutto questo.

B.Cattivell@agora.stm.it

senza titolo

Tra due mani
scorrono le immagini più rivali,
soltanto tutte insieme.
Reclino sui miei sentimenti
mi riempio con una rosa,
immerso nella mia triste gioia,
non posso più vivere
all'ombra di un eterno sogno,
efferata idealizzazione.
Non posso.
Semplicemente per il mio bene.

F.Baiani@agora.stm.it

senza titolo

C'erano deserti per i quali i tuoi occhi si lasciavano corrompere,
C'era un oceano che trovava spazio nel tuo cuore.
Come diavoli bruciati da angoli di solitudine fuggimmo verso altri scopi,
verso un futuro che ci faceva paura.
La nostra paura di aprire le ali.
La nostra paura di spiccare il volo.

M.Bergamini@agora.stm.it

Locale Firenze-Pistoia

Torte trote albine
in vermigli capanni
di fratte ermetiche
metafora esoterica di
(corrugata/devastata)a
mulet(t)i distonici
(polifonici/cacofonici)
Asfasia astrale,
Forcuta e bi/
valente motore irrorato
clorofillobotomia
veramente inconsulta!
Salto glaciale
nel vuoto freddo
(asfittico/fumogeno)
di rotte fratte

R.Gandolfi@agora.stm.it

senza titolo

Se t'affanni a guardare il tempo
ti rendi conto
che il tempo
èè inutile da guardare
perché il tempo guardato
è già andato via
e quello da guardare
ancora non esiste
e
senza domandarti cose
capisci
che non è bene domandarsi cose
perché seppure conosci tanti fatti
tante storie
personaggi
ed attori
non capisci perché
non capisci che è proprio del tempo
che non ricordi un attimo
ricordi la spiaggia
o ricordi parigi
ricordi una faccia
una mano dolce
una scatola vuota
un pezzo di formaggio
ma non ricordi il tempo impiegato a riempire la brocca di sidro
a tramutare il vino in aceto
a collegare due cuori
non ricordi il tempo impiegato a vivere
a dormire
a guidare
a parlare al telefono
fermo ai semafori rossi
a ricordare a tuo padre di guardare più in là
Ma se t'affanni a cercare il tempo perduto
ne perdi altro ancora
e ancora
e ancora
e alla fine avrai sì capito
come usare il tuo tempo
ma non ne avrai più disponibile

E.Somma@agora.stm.it
Indice autori

Palafitta

Vivo su alte antichissime palafitte
percorse da rigogliosi rampicanti
in una sferica foresta oscura,
inavvertito.
è un umido spontaneo vegetare
privo d'interstizi e nato nel diluvio
solletico sul tamburo
che mi circonda aggrovigliato eppure eretto
millenario
mi ricorda d'esser perpendicolare
a smottamenti periodici
in putride paludi infestate da coccordilli
ciechi e corazzati
ma festosi
e accorti pesci preistorici
parassiti sul fondo
che guai a caderci dentro
a scivolarci
inesorabile slittare
privi di sostegno
senza neanche una funicolare
un ascensore
per risalire a galla interi
poi casomai
più su con un salto
un movimento rimesso a sud
scansando il diluvio
appena per tempo
incerto poggiare
al riparo da gorghi.
Ma se s'agitano
queste acquee fondamenta
e ondeggiano in sottostanti flutti
dimentico il dolore nel buio in bilico
tra occhi lucidi e sorrisi
m'espando nella risacca
e salto assorto allora
tra tronchi e tronchi
gallegianti nel guado
vi schivavi ponteggi tu
ora alle stelle intatto.

A PICCHIO

E.Monier@agora.stm.it

senza titolo

Devo trovare la mia maniera
Non è opportuno sbagliare.
Rannicchiarsi sulla pancia.
Punteggiare il canto del pipistrello.
Jeje... punteggiare il canto del pipistrello

Opportuno è... parcheggiare controsenso
Rimandare indietro.
Sbagliare è inopportuno, certo...
dovrò trovare la mia maniera.

B.Cattivelli@agora.stm.it

senza titolo

Ignoto,
spavaldo padrone della notte,
accresce il buio,
deforme destriero alato,
sovrasta,
il sonno dei mortali
che ignari ne sono avvinti.
Presagio di richiami futuri,
fantastico indugio
distaccare il vero
nel compimento dell'ombra.

F.Baiani@agora.stm.it

Viaggio

Nel treno dei ricordi annegati
il freddo che nasconde il sole
rivive in umide parole
vissute un giorno a Maracaibo

R.Gandolfi@agora.stm.it

senza titolo

E alla mia vita il respiro fuggì,
mai più mi sciolsi in albe luminose,
mai più mi abbandonai in solitari asili,
felice del mio cuore in fuga.
Mai piu m'arresi, vinto, all'abbraccio caldo del tuo fragile corpo.

M.Bergamini@agora.stm.it


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