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QUADERNO DI DOCUMENTAZIONE sull'attività della XII LEGISLATURA a cura di Giorgio Frasca Polara e Teo Ruffa(pp.143-144)
Il lavoro del Gruppo Progressisti-Federativo nel settore delle comunicazioni è stato caratterizzato dall'elaborazione e presentazione di innovative proposte finalizzate al rispetto dei princìpi costituzionali e a recuperare un ruolo importante del paese nella società globale delle comunicazioni. In particolare il Gruppo ha definito un quadro di regole che, in uno dei settori in grado di trainare lo sviluppo del prossimo millennio, puntano a garantire il pluralismo economico e informativo, la crescita di un sistema educativo efficiente anche nelle nuove tecnologie e un decentramento amministrativo.
Altre questioni affrontate nel corso della legislatura: nuovi criteri di nomina del vertici Rai, par condicio nelle campagne elettorali e conflitto di interessi. Parte integrante di questo settore è il mondo delle telecomunicazioni, che qui non viene trattato perché curato da un altro gruppo di lavoro.
Il Gruppo ha presentato nel 1994 il progetto di legge (“Nuovo ordinamento del sistema delle comunicazioni e istituzione dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni”) che per la prima volta in Italia ha proposto un insieme di regole per tutto il sistema delle comunicazioni (radiotelevisione, telecomunicazioni, editoria).
Una volta istituita la Commissione speciale per il riordino del sistema radiotelevisivo, presieduta da Giorgio Napolitano, il Gruppo ha sostenuto attivamente il lavoro del relatore Giorgio Bogi. Un impegno troncato dallo scioglimento anticipato della legislatura proprio quando sembrava possibile individuare una soluzione con il sufficiente consenso parlamentare. E' comunque da rilevare che per quasi un anno la destra in Commissione ha dato vita a un'azione continua di tipo ostruzionistico, manifestatasi prima con la violenta opposizione alla stessa formazione della Commissione speciale e poi impedendo che si giungesse a un accordo ragionevole che superasse i quesiti referendari. L'impressione (più che un'impressione, perché si basa su dati di fatto) è che i gruppi parlamentari del centrodestra fossero, su questa materia, esautorati dalla Fininvest.
Ecco i punti più importanti della posizione progressista, che rispetto al progetto originario ha tenuto presente il doveroso rispetto dell'esito negativo dei referendum sulla legge Mammì.
Il gruppo ha compiuto un grande sforzo per affermare il pluralismo informativo e il pluralismo economico.
Originariamente era stato elaborato un originale sistema “a punti” che avrebbe consentito a ciascun soggetto di poter operare in tutti i settori dell'informazione e che al tempo stesso impediva la costituzione di posizioni dominanti.
In Commissione Napolitano il gruppo ha proposto l'adeguamento della legislazione italiana a quella dei maggiori paesi europei. In particolare a ciascun soggetto dovrebbe essere consentito il controllo di due emittenti televisive nazionali via etere terrestre e non più del 30% del fatturato del mercato televisivo. Il pluralismo economico e informativo può però essere garantito solo ponendo una soglia, individuata nel 18%, al controllo delle risorse nell'intero mercato dei mass media.
Una attenzione particolare è stata posta alle norme sulla trasparenza proprietaria, dirette ad impedire che le norme sulle concentrazioni vengano aggirate mediante l'utilizzo di società straniere o di cui sia difficile evidenziare i gruppi di controllo.
Riteniamo che la struttura societaria della Rai debba divenire più snella. Una holding dovrebbe presiedere alle varie attività della concessionaria, che potrebbe entrare anche nei settori della multimedialità e delle emittenti tematiche. E' stato proposto che i limiti antitrust previsti per i soggetti privati valgano anche per la Rai.
Il servizio pubblico radiotelevisivo può essere salvaguardato con la presenza di due emittenti radiofoniche e due emittenti televisive gestite dalla Rai.
Una terza rete dovrebbe avere carattere federale, con la divisione del territorio in cinque macroregioni. La struttura societaria dovrebbe essere articolata in cinque società, il cui capitale dovrebbe essere in maggioranza delle regioni e in minoranza della Rai, con il compito di garantire la produzione e la diffusione di programmi in parte locali e in parte nazionali.
Il gruppo ha posto una importante attenzione all'emittenza locale. Le norme antitrust consentirebbero una migliore distribuzione delle risorse pubblicitarie. Le altre proposte di maggior rilievo hanno riguardato le misure a sostegno della costituzione di consorzi tra emittenti, e un razionale utilizzo degli impianti di ritrasmissione (attualmente le emittenti sono spesso soggette a veri soprusi).
Infine sono state riconfermate le norme dirette a garantire spazi sull'etere alle emittenti comunitarie, senza fini commerciali.
In tema di pubblicità è stato innanzitutto proposto l'adeguamento alla normativa comunitaria prevista nella direttiva “Televisioni senza frontiere”. Nel paragrafo sull'antitrust si è già detto della necessità di fissare dei limiti alla raccolta di risorse per ciascun soggetto.
L'istituzione di una Autorità unica per le comunicazioni, di nomina parlamentare, è certamente la novità maggiore del progetto. Abbiamo previsto un organo composto da otto commissari di nomina parlamentare che si distribuiscono equamente in una Commissione per le infrastrutture (competente in materia di reti di comunicazione via cavo, etere e via satellite) e nella Commissione per i servizi e le produzioni (competente nell'applicazione delle norme relative ai servizi e alle produzioni distribuite via etere e via cavo).
I commissari durano in carica sei anni e non sono soggetti a proroga. Questa è condizione essenziale per l'autonomia e per evitare i sospetti di manovre volte alla riconferma. Nei due anni successivi non possono altresì svolgere attività nel settore da loro precedentemente regolato.