C'è un luogo virtuale, sulla Internet italiana, che si chiama "La Città Invisibile". Una sorta di spazio sociale telematico inventato dagli informatici universitari pisani. E qui tre settimane fa uno di loro, Beppe Attardi, lanciava una campagna (ovviamente elettronica) per l'abolizione della tariffa urbana a tempo (Tut), intesa come la principale fonte di costo per chi oggi si collega a Internet e alle Bbs. Internet, infatti, può anche essere gratuita ma da sola, la Tut, incide in media almeno per 200mila lire a bimestre sulla bolletta telefonica, anche nei casi di collegamenti soltanto serali. E, secondo Attardi, il costo della telefonia locale in Italia in realtà l'autentica barriera che ostacola la diffusione di massa della telematica, al di là di faraonici e dubbi progetti sulle reti a larga banda, televisive o interattive che siano.
Risultato dell'iniziativa della Città invisibile: oltre duemila adesioni spontanee in meno di tre settimane. E senza un rigo di pubblicità sui giornali e, men che meno, alla tv. Nel popolo dell'Internet italiana il ventilato "adeguamento tariffario" (interurbane meno care ma scatti urbani più pesanti) è altamente avversato. Al suo posto ha massima popolarità il "modello americano" con la sua telefonia urbana a forfait. Paghi un fisso mensile e ti colleghi da casa quanto e quando vuoi.
Vox populi?...Non pochi oggi, e tra questi anche titolati esperti, sostengono che sia questa, delle telecomunicazioni ultralow cost l'autentica strada per far decollare, e senza grandi rischi, l'era della telematica diffusa. La cosiddetta opzione a tariffa quasi zero su cui Simon Forge, esperto del Cambridge Strategic Management Group, si e provato a elaborare uno scenario a lungo termine commissionatogli dalla Cable & Wireless e dal Ptt svizzero.
I dati della questione sono eloquenti: nel 1946 una telefonata transatlantica costava 650 dollari per tre minuti scrive Forge con un'ora di attesa e collegamento manuale. Oggi il costo è all'incirca 1,8 dollari per i 3 minuti, immediati e automatici. I costi della telefonata, nella contabilità dei gestori, sono vicini ai 30 centesimi di dollaro mentre in termini di puro investimento marginale, linea ottica transatlantica più interfacce, siamo nell'ordine del centesimo di centesimo.
Il trend è evidente: c'è una caduta verticale nei costi tecnici di telecomunicazioni contemporanea a una sovrabbondanza di banda trasmissiva. Si può quindi studiare l'ipotesi di che cosa succederebbe se le telecomunicazioni divenissero tanto a basso costo da essere percepite come praticamente gratuite. Ovvero, nel caso italiano (dato che quella che conta per Internet è la chiamata locale o quasilocale sul telefono di casa) con l'abolizione secca della Tut.
La tesi dello studio del Cambridge Group è che la tariffa zero nei dieci anni successivi e sull'area Ocse può far nascere, via Internet, una teleeconomia globale basata sul commercio elettronico, teleoccupazione dispersa, virtualizzazione spinta dei progetti aziendali. Una volta abbattuta la barriera dei costi delle tlc saranno gli stessi costi di congestione e di inefficienza organizzativa d'impresa a premere per l'adozione rapida di nuove, e più flessibili e competitive forme di lavoro.
Non solo: nell'economia a tariffa zero il valore centrale sarà l'educazione, risorsa base per la gestione di un portafoglio di competenze da far fruttare sul telemercato del lavoro. Il telelavoratore, inoltre, diverrà un acquirente massiccio di azioni, titoli finanziari su un mercato globale, e così di prodotti assicurativi, educativi, sanitari. L'economia globale della rete esporterà posti di lavoro verso i paesi emergenti, generando disoccupazione soprattutto nei paesi industriali in maggiore ritardi in fatto di economia a tariffa zero.
Secondo lo studio del Cambridge nei dieci anni dalla prima grande riduzione tariffaria (dall'abolizione della Tut) circa il 20% dei lavoratori svolgeranno attività di telelavoro per alcuni giorni della settimana, il 30% userà forme di lavoro mobile e circa il 30% delle riunioni interne e il 20% di quelle interne si svolgeranno facendo uso di sistemi di videoconferenza.
Ancora più incisivo l'impatto sul territorio: 1015% del traffico automobilistico in meno, risparmiato dal telelavoro e teleshopping e circa il 20% di minor traffico aereo, sostituito dalle teleriunioni. Nell'assetto urbanistico, poi, la previsione è di una graduale riconfigurazione delle metropoli verso assetti simili a quelli alcunei secoli fa: centri urbani concentrati sulla residenzialità e i servizi invece che sul lavoro, mentre la maggioranza della popolazione teleattiva si disperderà nelle campagne e nei villaggi. Con una residenzialità dispersa propizia a forme di autoproduzione ernegetica, inclusa l'energia solare.
Secondo l'indagine del Cambridge la superInternet determinerà il ritorno della casafamiglia, e della casa intelligente, come luogo primario della società. Il 20% della popolazione con età superiore ai 65 anni nei paesi Ocse del 2025 farà uso intensivo di teleservizi a supporto degli anziani. Gran parte della vita apprenditiva dei nipoti sarà virtuale; in politica perderanno gradualmente peso i partiti, sostituiti da un continuo "controllo sociale" degli eletti e da una più elevata cultura politica media della popolazione.
Come arrivarci? Lo studio identifica due modelli. Quello a tariffa zero basato sul modello Internet, sulle tecnologie leggere come il radiomobile e sulla competizione spinta tra carrier. A questo si contrappone il modello tecnoprimitivo che punta sulla fibra ottica fino in casa, con piani faraonici di cablaggio da migliaia di miliardi di dollari, accento sulle tv via cavo e sull'entertainment e carrier monopolisti di fatto. Il primo modello vince, secondo il Cambridge, perché più flessibile e globale (estendibile anche ai paesi emergenti). Mentre il secondo, legato alle reti fisse, corre forti rischi finanziari.Ä------------------------------------ Name: Giuseppe Caravita E-mail: caravita@mailbox.iunet.it Date: 07/27/95 Time: 14:43:01